domenica 31 maggio 2015

R-eat-ing in radio!

https://soundcloud.com/obbligo-di-frequenza/obbligo-di-frequenza-il-r-eat-ing-della-ii-c

Grazie a Lorenzo Canali per la splendida esperienza, e grazie agli universitari - dj che ci hanno ospitati nella loro trasmissione, Obbligo di frequenza, per una divertente chiacchierata!


martedì 12 maggio 2015

Il fast food: profezia apocalittica e realtà alienante. Sergej Luk'janenko e Giuseppe Abbamonte

Sergej Luk'janenko è fra i più apprezzati scrittori di fantascienza contemporanei, e in questo brano, tratto dal romanzo Trix Solier, L'apprendista mago, il suo intento dichiarato non è tanto coinvolgere in una storia avventurosa, ma presentare una distopia come profezia che presto si potrebbe avverare anche nel mondo reale.
L'invenzione del fast food  può essere considerata uno scontro fra tradizione e innovazione. Le nuove generazioni, che adattano la loro vita ad un ritmo frenetico, trovano invitante l'idea di poter preparare e consumare il cibo senza rallentare la corsa, ma si dimenticano in questo modo il piacere dei pasti in compagnia, dove si rimane seduti a gustare il sapore del cibo e concedersi un'ora di pausa.

"Grazie!" fece il mago. "Mi spieghi cosa c'è di male a preparare un pollo alla vecchia maniera?"
"Niente!" replicò il giovane cuoco. "Ma se ne potrebbero preparare tanti in pochissimo tempo!"
"I soliti giovani!" commentò Sauerampfer. "Tutto va fatto in fretta  efuria!Ma hai mai riflettuto sulle conseguenze di quella invenzione? In ogni angolo della città spunterebbe un venditore di polli allo spiedo!"
"E che ci sarebbe di male?" domandò Domac meravigliato. "La gente potrebbe procurarsi da mangiare senza dover aspettare più di tanto!"
"Ma non dimenticare che ogni cibo ha bisogno di tempo" osservò il mago addentando il suo cosciotto. La cosa più invitante per una persona affamata è proprio il fatto di mettersi a tavola, chiacchierare, divertirsi e bere birra o vino. E' solo dopo aver consumato un bel pranzo lungo e squisito, e condito per giunta da discorsi interessanti, che una persona si alza da tavola allegra e soddisfatta. Ma che succederebbe se tutto questo fosse rimpiazzato da una ruota delle meraviglie? Avresti sempre la parola "veloce" in bocca. E credimi, è una parola pericolosa!" (...)
"Che incubo!" esclamò il mago con voce lamentosa. "Ma ti rendi conto di cosa potrebbe accadere a un popolo che si nutra di cose del genere? La gente comincerebbe a mangiare in movimento e finirebbe per rovinarsi lo stomaco. Quindi, con il tempo, inizierebbe ad avere problemi di digestione, ingrasserebbe a dismisura, si rovinerebbe il carattere, potrebbe pure dire addio ai denti e finirebbe per deprimersi. E poi se si comincia con il mangiare in movimento, si rischia di fare tutto in fretta e furia. E ci si ritroverebbe una società in cui gli uomini non hanno più il tempo per pensare. "
"Tanto prima o poi faranno tutti così" dichiarò Domac. "Il progresso non si può arrestare!"
"Speriamo accada il più tardi possibile" tuonò Sauerampfer. "E soprattutto non nei tempi in cui viviamo!"



Giuseppe Abbamonte non è un autore famoso, e  la sua "Poesia del fast food" non è composta con uno stile elevato, ma è l'osservazione schietta di chi si trova davanti a una globalizzazione a 360 gradi, che coinvolge perfino il cibo, lo trasforma in fast food, spesso plastica in pezzi di pane, o negli “all you can eat”, in cui si mangia fino a scoppiare. Spesso, quando si è all'estero, non si cercano più i ristoranti tradizionali e le cucine tipiche del luogo; non importano il gusto o la qualità, ormai si è sempre alla ricerca di cibi veloci, ma giganti, per pasti veloci, ma necessari, che riflettono le necessità di un'umanità sempre di corsa, indaffarata, che non ha più tempo nemmeno per pensare.
A questo proposito, il poeta ci invita a non far diventare una “fast life” la vita, come abbiamo invece fatto con il cibo; siamo esortati a godere ogni momento dell'esistenza, perché è una e non possiamo permetterci di farne un gigantesco bolo di emozioni indistinte, di cui, in futuro, non potremo far altro che pentirci di non aver vissuto.



Più o meno vuole dir “veloce pranzo”: 
tu entri e punti dritto dritto al banco, 
trovi un ragazzo che, col fare stanco,
ti serve pane con "trita di manzo". 

Lo porti al tavolino, lì l’addenti, 
in un minuto l’hai finito tutto. 
Il gusto non sai dir s’è buono o brutto 
perché il sapore manco più lo senti. 

S’è solo per il pranzo questo modo 
di vivere la vita può anche andare. 
Puoi al gusto del tuo vitto rinunciare 
s’era di pastasciutta oppur di brodo, 

ma quest’alimentare uso perverso 
mai al resto della vita va applicato! 
Ogni suo istante appieno va gustato, 
nessun momento deve andar disperso.